Il petto di pollo è già nel tupperware, ridotto alla metà di se stesso. Senza sale e senza gloria.
Sto per dare una spolveratina di pepe per donare al piatto un po' di brio ma poi penso che non ne gioverebbe il mio disturbo cronico all'uscita del tunnel.
Preparo i cracker e una banana sul tavolo, sia mai che mi dimentichi l'unica fonte di carboidrati prevista per domani.
Intanto aspetto che il pranzo si raffreddi per chiudere il coperchio ed andare a dormire.
Faccio tutto questo cercando di evitare che il pensiero mi sfiori.
Canticchio la hit del momento e faccio anche la coreografia.
Giorgio mi guarda.
Il gatto mi guarda.
Mi giudicano male, lo so, ma ci sono abituata e non li ho per il culo.
Mi soffio il naso nel canovaccio della cucina e suscito ostilità e disappunto, ma poco male: io mi piaccio così come sono.
Infondo, di domenica sera, tutto è permesso. Basta così poco per scatenare la disperazione totale, che cerco di fare qualsiasi cosa mi impedisca di realizzare che domani è nuovamente lunedì.
Canto, ballo, spadello spinaci, pur di distogliere il pensiero.
Eppure, ad un tratto, succede. Succede che comincia a farti male.
E non c'è scimmia che tenga: è sopraggiunto il lunedimmerda.
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