Un lunedìmmerda come molti, questo che mi sveglia con gli occhi impiastricciati di pettole e con la frangia che sfida l'accelerazione gravitazionale.
Un lunedìmmerda come molti, questo giorno condiviso con voi che, insieme a me, contate i minuti che mancano a venerdì.
Un lunedìmmerda riscoperto dalla mia dolce metà, che credo stia imprecando come solo i pendolari possono permettersi di fare.
Un lunedìmmerda come molti...se non fosse che, da venerdì, in città, rifulge di luce propria una nuova gemma preziosa nel pavé di negozi del centro, pronti a succhiare le mie finanze come le zanzare di Marano Lagunare fanno con il sangue, in agosto, prima di un temporale: finalmente, a Trieste, ha aperto Zara, celebre catena di abbigliamento diffusa in tutto il mondo, ed io mi sento come un bambino goloso lasciato libero in una pasticceria, come un re màgio al primo avvistamento della cometa (si avvicina il Natale, falalalalà là là là là!), come una leonessa pigra in una savana di gazzelle paraplegiche, felice come Jennifer Lopez sul red-carpet con un abito di lamè che le fascia il culone.
Ammetto a me stessa che questa apertura potrebbe rivelarsi un problema per la mia stessa sopravvivenza. Ma, infondo, cosa sono vitto e alloggio quando in cambio ti danno scarpe, borse e cappottini?
Entusiasmo condiviso, evidentemente, da altre maniache della frivolezza e del ciarpame, visto che sarebbe stato meglio recarsi all'inaugurazione e gettarsi nella folla con un'armatura medievale in maglia metallica rivestita da una divisa da quarterback per avere la certezza di riuscire ad accaparrarsi almeno un capetto. Un'egregissima attempata signora mi ha strappato di mano un delizioso pastrano, che stava subendo il mio accorto esame pre-investimento, gridandomi in faccia, veemente e con ira funesta, che non vi era tempo per il dubbio e che lei era certa che l'avrebbe comprato. Neanche mi avesse letto in faccia l'insicurezza che mi ero ben vista dal nascondere...
Comunque Zara, ora, è lì. E scruto la città, romanticamente, dalle finestre del laboratorio per cercare di individuare il punto esatto in cui si trova, tra le bianche case austroungariche di un centro storico che aveva bisogno di lei: musetto appoggiato alle mani, sorrette dai gomiti, e sospiro accorato.
È come se fosse già Natale (falalalalà là là là là!).
Ciao stipendio! Ciao!
Ciao lunedì, ora che so che il negozio tiene aperto anche nel primo tanto odiato giorno della settimana, mi sembri un pochino meno brutto!
Ciao mamma! Sì, te lo compro quel maglioncino tanto bello...
"La follia della donna
quel bisogno di scarpe
che non vuole sentire ragioni.
Cosa sono i milioni
quando in cambio ti danno le scarpe?"
(Stefano Belisari, in arte Elio, poeta e musichiere contemporaneo)
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