domenica 16 novembre 2014

Morale del lunedì

C'era una volta, in un paese lontano lontano, una bambina.
Una bambina che trascorreva felicemente la sua infanzia in un paesino alle pendici delle montagne ed in riva ad un lago chepiùblunonsipuò.
Non si sa per quale ragione e nonostante le facesse abbastanza cagare il colore rosso che poco si adattava al suo nordico fenotipo, la mamma le faceva sempre indossare una graziosa mantellina scarlatta che, però, in un tempo in cui tutti portavano il giubbotto della NorthSail, le conferiva un'aria piuttosto naïf (cioè da sfigata, nda).
Cappuccetto Rosso, l'avevano soprannominata. Ed ormai erano di più le volte in cui la gente si domandava se "Cappucc(i)etto" si scrivesse con la i o meno, di quelle in cui si preoccupava se il nomignolo potesse dare fastidio alla protagonista della nostra storia.
Era un lunedì mattina quando la mamma le chiese di far visita alla nonna influenzata.
Per giungere alla casetta della nonna, però, Cappu avrebbe dovuto attraversare, per la prima volta, il bosco da sola.
Si addentrava sempre di più nella fitta boscaglia, senza per questo averne paura: il telefono, infatti, continuava a ricevere segnale ed il silenzio e la tranquillità del luogo le permettevano finalmente di cantare a squarciagola i suoi brani preferiti degli Slayer.
Aveva da poco superato la metà del sentiero quando, dalla direzione opposta, vide arrivare una signora molto alta, corpulenta e con evidenti problemi di ipertricosi.
"Ciao bella bambina!"
"Buongiorno signora!" rispose educatamente Cappu, cercando di non lasciar trasparire i suoi pensieri riguardanti i problemi ovarici che dovevano affliggere quella povera donna così pelosa.
"Dove sta andando una graziosa fanciulla come te, tutta sola nel bosco?"
"Sto andando a far visita alla nonna influenzata, che vive nella casetta gialla alla fine del sentiero". Fin da quando, piccolissima, aveva cominciato a comporre le prime frasi di senso compiuto, Cappuccetto aveva sempre parlato troppo.
La signora, in realtà, altri non era che una femmina di orso bruno, sfuggita al controllo della Guardia Forestale e abilmente travestita da vecchina, alla ricerca di un pasto facile, veloce e soddisfacente. E considerando i polpaccini da calciatore-sotto-steroidi che aveva innanzi, quella doveva essere la sua giornata fortunata. Ma perché, allora, non sfruttare la sorte favorevole e gradire di un pasto a due portate? Infondo con la nonna si sarebbe potuto fare un bel brodino...
"Ti saluto, cara! E un augurio di pronta guarigione alla nonna".
Si voltò, l'orsa, e finse di riprendere il suo cammino, ma appena svoltò l'angolo, sparì nei cespugli ed invertì la rotta, diretta verso la casetta gialla. Nonostante l'enorme culone rallentasse la sua andatura, era certa che la sua esperienza boscaiola l'avrebbe aiutata a giungere per prima alla meta.
Cappu impostò il lettore mp3 sui Pantera e riprese il cammino.
Intanto, l'orsa riuscì a raggiungere per prima la casa della nonna. Si fece aprire la porta, fingendosi una rappresentante del Folletto e divorò la nonna, colta di sopresa, in un sol boccone.
Per trarre in inganno la giovane Cappuccetto e per riuscire ad avvicinarla abbastanza da riuscire a mettere le zampe su quei teneri rotolini di ciccia, aveva bisogno di un'altra idea.
Si vestì, quindi, con una camicia da notte di La Perla (constatando quanto si trattasse bene la nonna), si sistemò alcuni bigodini sui peli della testa e si infilò sotto le coperte, pregustandosi il banchetto di cui la nonna non era stata altro che l'aperitivo.
Cappu non stentò ad arrivare.
Si avvicinò al capezzale della nonna e si accorse che qualcosa in lei non andava. Non si ricordava avesse più barba del papà, ad esempio. Ciononostante, la rincoglionita si fece sempre più vicina e si mise a scrutare la nonna e gli strani sintomi di quell'influenza più grave del previsto.
"Che orecchie grandi e tonde che hai, nonna!"
"È per ascoltarti meglio, amore!"
"Che mani gonfie che hai, nonna!"
"È per farti le carezze morbidine, amore!"
"Che occhi grandi che hai, nonna!"
"Che palle!"
Fu in quel momento che l'orsa, con uno scatto lesto lesto, prima ancora che Cappuccetto potesse fare qualche altro sgarbato commento sul suo apparato masticatorio, balzò sulla sua vittima e la ingurgitò in men che non si dica.
Uscì dalla casa caracollando. Quel pranzo, consumato così rapidamente e così ricco di grassi saturi, l'aveva notevolmente appesantita.
Era così impegnata nel cercare di fare un bel rutto risolutore, che non si rese conto di quel che successe poi. Fu come una puntura d'insetto. La colpirono sul fianco. E tutto divenne buio.
Gli agenti forestali avrebbero poi raccontato alla stampa di aver sbagliato la dose di anestetico e di aver seccato il bestione per sbaglio e si sarebbero presi onori e glorie per aver salvato la vita di Cappuccetto e della sua nonna che, fortunatamente, erano state inghiottite senza essere prima masticate e che, per sempre, sarebbero vissute felici e contente.

Perché oggi ho voluto raccontarvi una storia?
Cosa ci insegna la vicenda di Cappuccetto Rosso?
1. Le reintroduzioni dei grandi mammiferi sul territorio, soprattutto quando limitrofo a zone abitate, andrebbero pianificate meglio;
2. Mai dare retta agli sconosciuti, se si è rincoglioniti;
3. Cappuccetto si scrive senza i;
4. Donne pelose, donne virtuose;
Ma soprattutto:
5. Di lunedì non bisogna fare un cazzo.

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